medicina funzionale
L'innovativo protocollo che ha liberato Maria dai disturbi legati all'allergia
Quella nei confronti di Maria è stata una sfida.
Maria era prigioniera di una condizione allergica invalidante che le aveva reso la vita difficile fin da piccola. Tanti, troppi, i pareri contrastanti ricevuti. Nel tempo le sue manifestazioni erano peggiorate tanto da non permetterle più di mangiare nulla.
Ignorata da sempre la sua sintomatologia intestinale e la sua allergia al nichel.
Immaginate una vita a dieta di eliminazione per allergia ad alimenti contenenti le resistentissime LTP (lipid transfer protein) associata alla dieta di eliminazione per l'allergia al nichel: pollo, pollo, pollo e poi, pollo.
Negli anni, l'alimentazione di Maria si era ridotta sempre più, conducendola da un lato ad una monotonia invalidante e dall'altra ad un peggioramento della situazione intestinale per la comparsa di una disbiosi carenziale, quale quella presente negli individui con alimentazioni ripetitive e poco varie.
Abbiamo agito per priorità: L'intestino, in particolare, era la sua priorità. E l'intestino non sarebbe mai stato bene senza liberarsi dal nichel.
Pertanto, per prima cosa, le abbiamo prescritto un protocollo alimentare ed integrativo per il nichel della durata di 4 settimane.
Un'integrazione a supporto del suo intestino, Protocollo desensibilizzante di soli 15 giorni e reintegro graduale degli alimenti.
Vi lascio alla testimonianza di Maria, per scoprire com'è andata a finire.
Sono molto felice di raccontare la mia storia, perché dopo 15 anni finalmente posso dire di stare benissimo, e il merito è del percorso intrapreso con la Dottoressa Manfra.
I miei problemi di allergie e intolleranze, con conseguente prescrizione di diverse medicine, sono iniziati a 15 anni quando le allergie stagionali davano spazio a problemi di stomaco, rush cutanei e prurito ogni volta che mangiavo frutta estiva, cioccolata e alcuni tipi di verdure. Intorno ai 18 anni le cose sono peggiorate: avevo l’intestino sempre gonfio, con coliche ricorrenti e problemi seri di stipsi. Il medico che mi seguiva all’epoca ho provato a togliere classi di cibi e, in un primo momento, ho trovato sollievo con l’eliminazione del glutine. Nonostante ciò, i problemi intestinali e le reazioni allergiche persistevano: per ben sei anni, infatti, non ho toccato alcun tipo di pesce a causa di due episodi di forte shock anafilattico in concomitanza con il consumo di merluzzo e tonno in scatola. L’ultima visita specialistica e il risultato dei patch test per le allergie aveva sottolineato sensibilità ad una proteina presente in tutta la frutta e la verdura. Per tali risultati, fino a pochi mesi fa, potevo mangiare solo carne, riso e pochi vegetali che sembravano non darmi troppi problemi; ma continuavo ad avere prurito e rush cutanei, mal di stomaco e soprattutto intestino gonfio. Inoltre, un effetto secondario della cattiva alimentazione era l’aumento di peso nonostante la restrizione alimentare, la stanchezza cronica e un senso di sonnolenza continuo che incidevano anche sull’umore.
Sono due mesi, ormai, che sono seguita dalla Dottoressa Manfra e dalla Dottoressa Giordano e ho iniziato a sentire dello schema alimentare prescrittomi già dopo le prime settimane: non ho più dolori di stomaco e l’intestino gonfio, sparito il prurito e gli sfoghi cutanei. Sono più lucida, attiva e non soffro più di sonnolenza, soprattutto dopo pranzo; anche l’umore ne ha risentito positivamente e non ho più paura di mangiare e stare male.
È la prima volta che vado da uno specialista e invece di togliere cibi, li aggiunge: mangio di nuovo il pesce, cereali con glutine e frutta e verdura che in passato mi avevano sempre dato problemi. Mangio cose che non mangiavo da anni, e tutto grazie alle loro conoscenze e alla loro professionalità. Per questo sarò loro sempre grata.
Gli effetti del Covid sulla salute cardiometabolica
L’obiettivo di questo articolo è quello di fare luce sugli effetti a lungo termine del COVID-19 sulla salute cardiometabolica, ovvero sulle complicanze dal punto di vista cardiovascolare e del metabolismo glucidico a cui vanno incontro i pazienti 3-6 mesi dopo aver contratto la malattia.
Questo perché fin troppo si è parlato degli effetti in acuto dell’infezione, ma poco ancora si sa sugli effetti a lungo termine, o meglio, molti studi sono ancora in corso ed il capitolo, purtroppo, non può ancora considerarsi completamente concluso.
Per la maggior parte dei pazienti risultati positivi al COVID-19, i sintomi sono migliorati o si sono risolti in pochi giorni; purtroppo, però, una grande porzione della popolazione che ha contratto il virus non ha smaltito i sintomi in un tempo così breve.
La condizione che vede il persistere di sintomi legati al COVID-19 oltre tre mesi dall'inizio dell'infezione, che non possono essere ricondotti a diagnosi alternative o precedenti, è conosciuta come Long-Covid, secondo le indicazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.
I sintomi da long-Covid variano di numero e grado ed i più frequentemente riportati ai clinici da parte dei pazienti sono:
- affaticamento,
- problemi di concentrazione,
- disturbi del sonno,
- dolori articolari,
- ansia e depressione,
- affanno
- dolore toracico.
Alcuni recenti studi hanno dimostrato un’associazione con l’insorgenza di disturbi di natura cardiometabolica, alcuni dei quali sono emersi già in fase acuta di infezione.
Una complessa meta-analisi del 2022 originata da quattro studi osservazionali ha rilevato un rischio superiore del 59% di sviluppare il diabete durante il long-Covid.
Uno studio di coorte cinese, sempre del 2022, ha seguito 534 pazienti ospedalizzati per COVID-19 per un tempo medio di 460 giorni e ha confrontato i risultati tra i casi gravi COVID-19 e i casi non gravi. Disturbi del sonno e stanchezza sono stati i sintomi persistenti più comuni in entrambi i gruppi. Inoltre, al follow-up di 15 mesi, sullo 3,56% dei partecipanti totali allo studio senza precedenti di diabete sono stati riscontrati valori di glicemia a digiuno superiori di 126 mg/ dL (livello che, se riscontrato per due volte di seguito, porta alla diagnosi di diabete) o livelli di Emoglobina glicosilata HbA1c superiori o uguali al 6,5% (sarebbe ottimale, per un paziente sano, avere valori di HbA1c entro 5,4%). Tra i limiti riscontrati in questo studio la mancanza di dati da parte dei pazienti ambulatoriali per un confronto dei risultati.
In relazione alle problematiche cardiache, una recente revisione sistematica di 67 studi ha rilevato che per alcuni pazienti, gli effetti di lunga durata del COVID-19 includevano:
- infiammazione del miocardio,
- anomalie alla risonanza magnetica cardiaca,
- aumento della frequenza cardiaca a riposo
- palpitazioni.
Inoltre, un’altra revisione sistematica del 2022 ha esaminato i segni clinici associati a potenziali disturbi cardiovascolari e metabolici dopo un'infezione da Sars-Cov2. Su pazienti che manifestavano anche altri sintomi da long-covid, i ricercatori hanno riscontrato, da 3 a 6 mesi dopo la negativizzazione:
- un aumento della pressione arteriosa sistolica
- aumento significativo dei trigliceridi,
- aumento del colesterolo LDL,
- iperglicemia.
Gli studi hanno dunque evidenziato che più organi e sistemi del corpo sono influenzati dall’ infezione da COVID-19. Tuttavia, la ricerca sul long- Covid è tuttora nel pieno della sua indagine e molti meccanismi non sono ancora pienamente noti.
Dal canto nostro, di medici che ci occupiamo di prevenzione cardiometabolica, ovvero di individuazione precoce dei fattori di rischio cardiovascolari e di alterazione del metabolismo glucidico, è necessario un monitoraggio attento dei pazienti affetti da disordini da long-covid.
Questo resta ora fondamentale per chiarire i possibili collegamenti tra l’infezione da Covid e l’insorgenza di disturbi cardiometabolici.
Una delle ipotesi più accreditate di tale alterazione cardiometabolica è da ricercarsi nella disfunzione mitocondriale conseguente all’infezione da Sars-Cov2. I mitocondri sono le centrali energetiche delle nostre cellule e dal loro funzionamento dipende la capacità delle cellule di generare energia a partire dai substrati.
I muscoli sono particolarmente ricchi di mitocondri, sia il muscolo scheletrico che il muscolo cardiaco. Per questo motivo, le alterazioni funzionali e strutturali del muscolo cardiaco possono essere spiegate dall’alterazione della funzione dei cardiomiociti, o meglio, dei mitocondri presenti all’interno dei cardiomiociti che sono le cellule muscolari del tessuto cardiaco.
In merito, invece, alle alterazioni metaboliche, quali l’iperglicemia e l’insulino-resistenza esse potrebbero essere secondarie all’alterazione dei mitocondri del tessuto muscolare scheletrico.
Noi sappiamo infatti che il tessuto muscolare scheletrico è il primo tampone della glicemia, ovvero, il tessuto che se ben trofico aiuta a captare il glucosio in circolo e a tenere verso il basso i valori di glicemia. Nel momento in cui vengono alterati i mitocondri muscolari, la capacità del muscolo scheletrico di captare glucosio dal circolo si riduce e quindi l’effetto netto sarà quello di un aumento della glicemia.
Le strategie terapeutiche, saranno quelle di andare a migliorare la funzione mitocondriale con molecole antiossidanti e antinfiammatorie quali il glutatione, l’acido alfa lipoico, gli omega 3 e il coenzima Q10.
Molto utile si è dimostrata essere la supplementazione di l-acetyl-carnitina a supporto delle strutture muscolari da 3 a 5 grammi al giorno.
Andranno quindi prese in considerazione tutte quelle alterazioni sospette dei livelli di glucosio, della pressione sanguigna e dei profili lipidici che ci permettano di fornire assistenza clinica post-Covid ad un paziente approntando un piano terapeutico personalizzato.
La personalizzazione della cura prevede l’impostazione di strategie che permettano di ridurre il rischio cardiovascolare e di sviluppo di diabete di quel, singolo ed unico paziente, alla luce delle sue altre patologie e degli altri sintomi del Long-covid.
[Fonte: Istituto di Medicina Funzionale]
Una vittoriosa lotta contro le ipoglicemie reattive - la storia di Rossana
Non un semplice "calo di zuccheri"
Per ipoglicemia si intende una riduzione patologica dei livelli di glucosio nel sangue. L’ipoglicemia si definisce, invece, "reattiva" se si riscontra, in concomitanza con il consumo di una certa quantità di carboidrati, una produzione di insulina superiore al necessario.
Si tratta di una reazione rara. Eppure, Rossana, conosceva bene questa condizione patologica.

"Ho conosciuto la dottoressa Francesca Manfra, per caso, sui social.
Sono arrivata da lei con fastidiose ipoglicemie reattive dovute ad iperinsulinemie: mi facevano star male a tal punto da spingermi ad andare al Pronto Soccorso in diverse occasioni.Nonostante avessi contattato svariati professionisti e provato diverse terapie, non riscontravo nessun risultato.La mia condizione è radicalmente cambiata, dopo aver iniziato a seguire i consigli della Dott.ssa Manfra.È stato sufficiente solo un mese di terapia alimentare e integratori per stabilizzare la mia glicemia 'ballerina'.Ho perso molto peso, pur mantenendo la massa magra; ho guadagnato tanta energia fisica e mentale. Insomma, sono rinata!Non credevo potesse essere vero: dopo due anni sono ritornata a mangiare di tutto senza paura di star male.Non solo ho risolto il mio problema, bensì ho imparato, grazie alla dottoressa, a fare scelte alimentari intelligenti.La dottoressa Manfra mi ha educato ad una alimentazione consapevole, una cosa che reputo fondamentale!Con passione, gentilezza ed empatia, mi ha donato una piccolissima parte della sua grande conoscenza, che a me ha aperto un mondo…Le sue competenze umane e professionali sono più uniche che rare.Tutti meritiamo dei Dottori così".
La nuova vita di Daniela
Questa è la storia di Daniela, una paziente arrivata nel mio studio stanca e preoccupata a causa dei problemi legati al reflusso gastroesofageo che le rendevano la vita davvero difficile.