Il diabete non va curato, ma prevenuto!
Conoscenza e consapevolezza del problema sono il primo passo verso la prevenzione.
Oggi, 14 novembre, è la Giornata mondiale del diabete, una giornata di sensibilizzazione sulla malattia diabetica.
La data è stata scelta in quanto celebra la nascita del fisiologo canadese Frederick Grant Banting, che insieme a Charles Herbert Best, scoprì l’insulina, nel 1921, e il cui risultato consentì di passare da una malattia mortale, quale era prima il diabete mellito, ad una malattia controllabile.
Sono ormai 13 anni che mi occupo di Nutrizione Clinica con una missione precisa: prevenire il diabete!
Esistono 2 tipi di DIABETE MELLITO:
- DIABETE di tipo 1 (anche detto giovanile): colpisce maggiormente individui di giovane età ed è dovuto alla perdita di più dell’80% delle cellule del pancreas che producono insulina. Si sviluppa in seguito ad insulti maggiormente di natura infettiva che scatenano una risposta immunitaria nei confronti delle cellule del pancreas che producono l’ormone insulina. La perdita della secrezione di insulina, conduce inesorabilmente al rialzo dei valori glicemici ben oltre quelli consentiti, con la comparsa di una sintomatologia caratteristica (poliuria, polidipsia, perdita di peso, astenia) che esita nella diagnosi di DIABETE DI TIPO 1 INSULINO DIPENDENTE. L’insulino-dipendenza è secondaria alla distruzione irreversibile delle cellule pancreatiche e per questi individui la somministrazione di insulina esogena tramite iniezioni quotidiane è una terapia imprescindibile e salvavita.
- DIABETE di tipo 2 (detto anche dell’età adulta), è invece quello maggiormente PREVEDIBILE e PREVENIBILE. Rappresenta la fase finale di un processo lento, che può iniziare anche 30 anni prima dell’arrivo della diagnosi conclamata. Questa lunghissima traiettoria che conduce il paziente allo sviluppo del diabete si snoda in 3 FASI:
FASE 1, IPERINSULINEMIA: Il processo ha inizio con la secrezione di più elevati livelli di insulina in risposta ai pasti contenenti carboidrati semplici e complessi che si definisce iperinsulinemia. L’iperinsulinemia rappresenta una condizione pre-patologica in cui il paziente non ha alcun sintomo, ha dei livelli normali di glicemia e sono solo i valori di insulina (che non vengono mai testati!) ad essere elevati. Avere così tanta insulina in circolo, conduce ad un aumento della sintesi di grasso viscerale addominale e all’aumento del peso a causa del maggiore ingresso di zuccheri nel tessuto adiposo mediato proprio dall’insulina. Quanta più insulina ho in circolo, tanto più zucchero verrà convertito in grasso addominale. Questa condizione può decorrere asintomatica per moltissimo tempo senza che il paziente se ne accorga. L’unica cosa che lamenta è: l’aumento di peso sulla pancia.
FASE 2, INSULINORESISTENZA: Con il passare del tempo, in risposta ad elevati livelli di insulina protratti nel tempo, i tessuti deputati ad incamerare gli zuccheri circolanti sotto forma di grasso (tessuto adiposo e muscolo) diventano resistenti al suo messaggio ridondante, sviluppando una condizione nota come insulino-resistenza. Cosa significa? Che l’insulina cerca di far entrare zucchero nelle cellule adipose e muscolari, ma loro, troppo piene, non ne vogliono sapere di incamerare altro zucchero. In risposta a questa loro “resistenza” il pancreas risponde aumentando ancora di più la produzione di insulina, per forzare l’ingresso di zucchero nelle cellule (tutto questo lo fa per il nostro bene eh, per evitare che il livello di zuccheri nel sangue salga). Quindi, in questo caso, le cellule del pancreas che producono insulina, funzionano benissimo ed anche di più! Come si arriva quindi al diabete? Sottoponendo queste cellule ad un surplus di lavoro e facendogli “finire le cartucce” prima del tempo! Se il soggetto sottovaluta la sua familiarità per diabete di tipo 2, ed i messaggi che il suo corpo gli invia (i 10 segni di insulino resistenza sono di seguito elencati), avrà la strada spianata per l’esaurimento funzionale delle sue cellule beta pancreatiche. In questa fase, i livelli di glucosio nel sangue sono ancora normali, solo leggermente alterati intorno ai 100 mg/dl, ma non compare ancora il famigerato asterisco, per cui, il paziente ed un medico poco attento ai segni clinici del suo paziente, si sentono tranquilli. Se si dosasse l’insulina e si mettesse a rapporto con la glicemia mediante il semplice calcolo dell’indice HOMA IR, si potrebbe già individuare questa condizione e trattarla!
I 10 SEGNI DI INSULINO RESISTENZA:
- Aumento di peso soprattutto sull’addome e nell’interno cosce
- Valori di glicemia a digiuno maggiori di 90 mg/dl
- Intolleranza metabolica ai carboidrati con senso di sonnolenza e stanchezza dopo averli consumati
- Fame incontrollabile 2-3 ore dopo aver consumato un pasto troppo ricco di carboidrati (cornetto, panino, piatto di riso)
- Elevazione dei trigliceridi
- Riduzione dei livelli di colesterolo HDL (quello buono)
- Livelli medio-alti di acido urico
- Fegato grasso
- Acne e Irsutismo nelle donne
- Ciclo mestruale irregolare
FASE 3, DIABETE CONCLAMATO: La condizione che si verifica quando le cellule beta sono ridotte dell’80% è la stessa identica di quella descritta prima dei pazienti con diabete di tipo 1, solo che lì la causa era di natura infettiva ed autoimmunitaria, quindi NON PREVEDIBILE né PREVENIBILE, qui invece, la causa è uno sfiancamento delle cellule beta per iperproduzione di insulina protratta nel tempo ed esaurimento pretermine della loro funzione. Ma di questo, il nostro corpo ci stava avvisando da molto tempo, lanciandoci “segnali di fumo” che avremmo dovuto interpretare. Quando infatti il nostro organismo è stanco di vedere arrivare continuamente zuccheri ed esaurisce le sue riserve di insulina, i livelli di glicemia salgono (ora sì, e solo adesso, le analisi presentano l’asterisco sul valore della glicemia!) e arriva la diagnosi di DIABETE ALIMENTARE DI TIPO 2.
E’ su questo secondo tipo di DIABETE che si deve intervenire, non quando esso si è già manifestato, bensì prima che diventi palese.
Per manifestarsi, il corpo impiega, come detto, fino a 30 anni ed inizia ad avvisarci molti anni prima.
30 anni in cui la “traiettoria patologica” intrapresa dal paziente va intercettata e corretta se non si vuole esitare in una patologia senza possibilità di ritorno!
Quali sono le 5 strategie da utilizzare a scopo PREVENTIVO:
- RIDURRE IN SENSO ASSOLUTO I CARBOIDRATI GIORNALIERI: questo potrebbe significare per alcuni pazienti più sovrappeso, eliminarli per un periodo, mentre per altri significa solo ridurli quantitativamente rispetto alle dosi abituali. Come tutti sapete troviamo carboidrati nella pasta, nel pane, nel riso, nei cereali, biscotti, fette biscottate, grissini, crostini, dolci, frutta e bevande zuccherate.
- INCLUDERE I CARBOIDRATI IN UN PASTO MISTO E CONSUMARLO “A RITROSO”: questo significa evitare di mangiare del pane, della pasta, del riso o delle patate DA SOLI, ma accompagnarli sempre con una fonte di fibre come le verdure, ed un secondo piatto come della carne, del pesce o delle uova e ad una fonte di grassi di buona qualità come l’olio extra vergine di oliva. Ottimale sarebbe consumare il pasto “al contrario” iniziando con l’assunzione delle verdure (crude sarebbe meglio), proseguendo con una proteina (carne, pesce o uova) e terminando con un carboidrato (pasta, riso, farro, orzo, patate, pane).
- PREFERIRE I CARBOIDRATI FREDDI o FATTI RAFFREDDARE A QUELLI CALDI: significa consumare pasta, riso o patate non caldi bensì dopo averli lasciati un po’ raffreddare. Questo determinerà la conversione dell’amido che contengono, in una forma di amido resistente, più difficilmente scindibile e quindi meno e più lentamente assorbito a livello intestinale.
- PRATICARE UNA REGOLARE ATTIVITA’ FISICA QUOTIDIANA: sarebbe perfetto abbinare un’attività cardio come la bici, la camminata o lo jogging con un’attività con sovraccarichi come il sollevamento pesi. Quest’ultima determinerà, infatti, un ispessimento delle fibre muscolari scheletriche che avranno maggiore avidità nei confronti dei carboidrati, sottraendoli all’azione dell’insulina sul tessuto adiposo viscerale. Ispessire ed affamare il muscolo è la migliore strategia per sottrarre gli zuccheri alla loro sede naturale di deposito, quando sono in eccesso.
- INIZIARE IL PASTO BEVENDO UN BICCHIERE DI ACQUA CON DENTRO 2 CUCCHIAI DI ACETO DI MELE: il potere insulino-sensibilizzante periferico dell’aceto permetterà di ridurre l’insulino resistenza e di far riposare le cellule pancreatiche.
Questi sono i consigli di massima che mi sento di lasciare a chi ha a cuore la propria salute e si riconosce fra i pazienti a rischio o, semplicemente, ha familiarità per il diabete di tipo 2, quello alimentare.
Mettendo in atto da subito queste semplici strategie, potrete vedere allontanarsi sempre di più il fantasma del diabete.
La cosa più importante di tutte, che spero di aver contribuito a fare oggi con questo articolo, è sviluppare la CONOSCENZA e CONSAPEVOLEZZA del problema.
Siamo ancora molto lontani, e troppo troppo spesso visito pazienti che sono già verso il termine della seconda fase che li condurrà ad un diabete certo.
I pazienti sono ignari della loro condizione e, pur avendo, per vari motivi, visitato gli specialisti più disparati, nessuno si è mai soffermato sul problema e quando io lo sottopongo alla loro attenzione, sembrano cadere dalle nuvole.
Il diabete, una volta diagnosticato, non può tornare indietro e porta con sé conseguenze terribili che ben conosce chi ha avuto a che fare con genitori o nonni diabetici.
Il diabete va prevenuto individuando i messaggi precoci che il corpo ci invia.
Sii consapevole della tua condizione, inizia adesso un percorso di conoscenza in grado di prevenire e bloccare la traiettoria patologica intrapresa dal tuo corpo.
La soluzione esiste ed è: arrivare in tempo, prima che sia troppo tardi!