Cosa si cela dietro gli asterischi del colesterolo?
Molto spesso ricevo pazienti preoccupati per i livelli ematici del loro colesterolo.
La loro anamnesi familiare parla di malattie cardiovascolari: infarti o ictus
Studiando le loro analisi e tutti i valori riportati (non sempre indicati con un asterisco * ), ciò che sempre mi desta particolare attenzione sono invece:
- glicemie a digiuno superiori a 100 mg/dl;
- trigliceridi elevati o borderline;
- colesterolo HDL (quello buono) basso.
Questo tipo di condizione medica ha un nome ben preciso: DISLIPIDEMIA DIABETICA, nomenclatura precisa che denota lo “zampino” della glicemia nell’alterazione dei lipidi plasmatici. In parole povere, il più alto rischio cardiovascolare di questi pazienti NON È IL COLESTEROLO ALTO, di cui invece loro sono preoccupati, bensì un ALTERATO METABOLISMO DEGLI ZUCCHERI secondario a:
- eccessivo introito di carboidrati;
- utilizzo improprio dei carboidrati durante o lontano dal pasto;
- eccessiva secrezione di insulina in seguito ad una loro ingestione;
- difficoltosa metabolizzazione periferica degli zuccheri secondaria a resistenza periferica all’insulina e scarso consumo muscolare.
Uno studio accademico di recente pubblicazione (per approfondimenti si veda New England Journal Medicine – Glycemic Index, Glycemic Load, and Cardiovascular Disease and Mortality), dimostra come esista una correlazione fra il consumo di alimenti ad alto indice glicemico nel contesto di pasti ad alto carico glicemico e lo sviluppo di malattie cardiovascolari.
COS’E’ L’INDICE GLICEMICO (IG)?
E’ una misura che può andare da 1 a 100 e che indica il potenziale aumento della glicemia in seguito all’ingestione di un alimento paragonato al glucosio puro o al pane bianco (che hanno indice glicemico 100, il più alto). Questa metrica può essere utilizzata per classificare i carboidrati come ad INDICE GLICEMICO alto (> 70), moderato (56-69), o basso (< 55) . Più alto è l’IG di un alimento, più elevato è la sua potenziale capacità di aumentare la glicemia ed innescare gli effetti prima descritti. L’IG tiene conto solo della qualità dei carboidrati mentre la risposta glicemica ad un alimento è influenzata anche dalla quantità di carboidrati e da come essi sono associati all’interno di un pasto, per questo motivo è stato introdotto un altro indice chiamato: CARICO GLICEMICO dell’alimento (CG): misura ottenuta moltiplicando l’IG di un alimento per la sua quantità consumata (QC), espressa in grammi, diviso 100. Ci fornisce indicazioni più precise e rapportate alla reale quantità di alimento consumata.
Importante è però considerare anche il CARICO GLICEMICO DEL PASTO: ovvero il totale impatto sulla glicemia dell’assunzione di un determinato alimento contenente carboidrati nel contesto di un pasto misto che preveda anche il consumo di verdure, proteine e grassi.
Un pasto misto contribuisce a ridurre il Carico Glicemico del pasto!
Come ripeto sempre ai miei pazienti, curarsi dell’impatto glicemico dei pasti, condurrà ad un miglioramento del profilo dei lipidi plasmatici molto più velocemente ed efficacemente di altre strategie “taglia-grassi”.
Non sarà solo importante dunque tagliare i carboidrati ma soprattutto bilanciarne il consumo nell’ambito di un pasto in grado di modularne il rilascio di zuccheri nel sangue.
Prossimamente ci terremo aggiornati su come comporre il pasto per tenere basso il Carico Glicemico.
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